Italicum: pregi e difetti di una legge elettorale agognata

16 risposte alle 16 domande de “Il Sole 24 ORE” su pregi e difetti dell’ Italicum

di Stefano Ceccanti

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1) La riforma che la Camera si avvia ad approvare è buona o cattiva?

– Decisamente buona, difficilmente questo Parlamento così frammentato e problematico, come abbiamo visto a inizio legislatura, avrebbe potuto fare di meglio.

2) Se dovesse elencarne i meriti in tre punti, quali citerebbe?

– I meriti vanno comparati al moncherino emergenziale di legge elettorale dettato dalla Corte costituzionale: A-La legittimazione diretta di governi omogenei che esclude coalizioni litigiose, altrimenti inevitabili ; B- l’avvicinamento tra eletti ed elettori con circoscrizioni di media grandezza rispetto a quelle enormi oggi vigenti; C-il fatto che finalmente sia il Parlamento a dettare una disciplina dopo quasi un anno e mezzo di legge stabilita dalla Corte.

3) In cosa invece la ritiene sbagliata o migliorabile?

–E’ troppo piccola la soglia per l’accesso alla Camera (3%) anche se era necessaria per avere il consenso dei partiti minori; eccessive anche le preferenze specie nella lista vincente (240 seggi su 340), sarebbero state nettamente preferibili le liste bloccate corte della prima versione, ma è stato un compromesso necessario per accontentare i fan delle preferenze, che confondono il momento della competizione interna nei partiti (la quale dovrebbe avere luogo in una fase precedente, regolata per legge) con la competizione elettorale, che è competizione tra partiti. Le due fasi dovrebbero restare distinte per non creare cortocircuiti.

4) I sostenitori della legge ne sottolineano la spinta a favore della governabilità. Lei è d’accordo? E in che modo ciò avverrà?

– Sì, certo, vista la crescente frammentazione dei sistemi di partito i sistemi selettivi su base territoriale (le formule uninominali o plurinominali senza recupero dei resti) non funzionano, sacrificano la proporzionalità ma non ottengono il suo principale obiettivo, la legittimazione diretta del Governo nazionale. Non a caso i francesi dopo il 2000 hanno stabilito una stretta sequenza temporale che vede prima i due turni per il Presidente (il cui mandato è stato livellato a quello quinquennale dell’Assemblea) e subito dopo i due turni nei collegi che sono quindi incardinati dentro la competizione nazionale, spingendo quindi l’elettore a confermare collegio pe collegio la maggioranza presidenziali, con effetti che vanno ben oltre il premio del 54% dell’Italicum. Il nostro sistema lo fa con una sola elezione, con quel tetto massimo e lasciando il Presidente della Repubblica fuori dal continuum di maggioranza. L’dea di un premio nazionale, superando le posizioni iniziali dei sostenitori del modello francese post-2000 e dei parlamentaristi più deboli, era del resto il punto di approdo fondamentale della relazione della commissione di esperti del Governo Letta, che aveva raccolto il consenso di ben 31 componenti su 35. E’ vero che i componenti erano per lo più costituzionalisti, ma mi sembra che il consenso sia elevato anche tra gli scienziati della politica, a cominciare da Sergio Fabbrini e Roberto Dalimonte. Poi l’unanimità, né tra i politici né tra gli esperti, non si raggiunge mai. Però il grado di consenso mi sembra molto elevato.

5) Al contrario i detrattori ne sottolineano i limiti in termini di rappresentatività. Vede anche lei un rischio in questo senso?

–No, non lo vedo affatto perché il massimo di disproporzionalità si ha in caso di vittoria al primo turno, in cui col 40% dei voti si ottiene il 54% dei seggi: una disproporzionalità più che ragionevole, anche perché col 40% dei voti anche in sistemi proporzionali si andrebbe verso il 45% dei seggi. In caso di vittoria al secondo turno, invece, chi vince ottiene comunque più del 50% dei voti validi perché tutti gli elettori delle liste escluse possono dare la seconda scelta. Invece di far decidere ai vertici dei loro partiti dopo il voto si responsabilizzano direttamente gli elettori.

6) Una delle obiezioni della Consulta al Porcellum è l’eccessiva disproporzionalità del premio di maggioranza attribuito senza stabilire una soglia minima. L’Italicum prevede una soglia del 40 per cento per ottenere il premio del 15 per cento. Si risponde così alle osservazioni della corte?

–La Corte ha semplicemente chiesto una soglia minima di decenza per applicare il premio. Si può certo discutere in sede politica se fosse preferibile una soglia maggiore, ma non vedo problemi in termini di costituzionalità.

7) Non è un’anomalia in sé applicare un premio di maggioranza sulla base di un sistema proporzionale?

-Non mi pare. Se si vuole una legittimazione diretta dei Governi e non si dispone in partenza di un sistema bipartitico è anzi l’unico modo di conseguire quel fine, come già si fa ai livelli sub-nazionali, per comuni e province.

8) La soglia di sbarramento è stata portata al 3 per cento per tutti i partiti. Se si voleva davvero fronteggiare la frammentazione non era meglio una soglia più alta, magari del 5 come in Germania?

– In astratto sì, ma avrebbe sacrificato l’esigenza politica di disporre di una legge condivisa. La soluzione condivisa dalla Commissione degli esperti metteva il 5 come soglia ma consentiva le coalizioni al primo turno, per evitare che la coalizione vincente fosse formata da più di due liste ammesse al riparto. Avendo qui escluso le coalizioni, si è tenuta la soglia più bassa per esigenze politiche.

9) Non si rischia in questo modo la “balcanizzazione” delle opposizioni in presenza di un primo partito rafforzato dal premio?

– Questo è anzitutto un problema politico più che istituzionale. Stiamo fotografando la debolezza del centro-destra, ma il premio di lista spingerà già presto questo schieramento a ricomporsi per evitare di essere escluso dal ballottaggio. Forse è per questo che Forza Italia aveva dato in un primo momento l consenso a questo schema poi ritirato per ragioni politiche. Anche se il voto finale non sarà condiviso resta però il fatto che i contenuti sono stati condivisi.

10) L’altra importante obiezione della Consulta al Porcellum riguarda le lunghe liste bloccate, che non permettevano all’elettore di riconoscere il futuro eletto. La soluzione del capolista bloccato e delle preferenze per tutti gli altri non è un ibrido al ribasso? Soddisfa le indicazioni della Consulta?

– La Corte ha lasciato al legislatore un ampio margine di scelta purché i candidati siano ben conoscibili dall’elettore: collegi, preferenze, liste bloccate corte. Non essendovi il consenso necessario sui collegi la politica ha scelto questo compromesso, per me troppo sbilanciato a favore delle preferenze. Ma non è comunque un problema di costituzionalità.

11) L’Italicum prevede la possibilità di candidature plurime per il posto di capolista. Con il rischio che un elettore scelga un partito in virtù dell’appeal di un capolista ritrovandosi poi ad eleggere un altro candidato. Questo non va contro l’indicazione della Consulta sulla riconoscibilita?

– Anche qui è un problema politico, non costituzionale. E’ stato un compromesso politicamente necessario anche se negativo perché, per ragioni tecniche, in assenza di pluricandidature, i partiti minori non avrebbero avuto la sicurezza dell’elezione del loro segretario. Dubito che gli elettori di quei partiti vorrebbero escluderlo dalla Camera. Anche qui è un problema di opportunità, non di costituzionalità.

12) Il premio di maggioranza, sia in caso di vittoria al primo turno sia in caso di vittoria al ballottaggio, attribuisce alla prima lista un vantaggio alla Camera di circa 25 deputati. Dal momento che la legge è stata pensata soprattutto in chiave di governabilità, non è un margine troppo esiguo?

– Se le minoranze interne sono leali, cioè rispettano, come si dovrebbe, la disciplina democratica di maggioranza, è sufficiente. Per questo era importante, anche pro futuro, una volta raggiunto un equilibrio di contenuto, mantenere il punto. Del resto le minoranze hanno già ottenuto dosi di proporzionale e di preferenze assai rilevanti, per me teoricamente non desiderabili. Per questo però è difficile dire dal loro punto di vista che la legge non sia condivisa nei contenuti e quindi che sia facilmente reversibile in caso di cambio di Governo.

13) L’Italicum vieta espressamente gli apparentamenti tra partiti tra il primo e l’eventuale secondo turno di ballottaggio, apparentamenti consentiti in altri sistemi con ballottaggio. Non si rischia in questo modo di comprimere troppo il confronto democratico dando tutto il potere ai partiti maggiori?

– La differenza, prevista anch’essa nella soluzione condivisa dalla grande maggioranza della già citata Commissione del Governo Letta, si spiega col fatto che nei sistemi comunali e regionali è più rigida la forma di governo: se cade il sindaco o il Presidente si torna automaticamente a nuove elezioni. In un sistema del genere si possono ammettere le coalizioni. Se però si ritiene che quelle norme siano troppo rigide per la forma di governo nazionale si deve allora essere necessariamente più rigorosi sulla formula elettorale.

14) Non è anomalo posticipare l’entrata in vigore dell’Italicum al luglio 2016 privando il Paese di un efficiente sistema elettorale in caso di necessità?

-No, perché quella data ci farebbe raggiungere l’ottimo: la sincronizzazione con la riforma costituzionale che darebbe solo alla Camera il potere fiduciario. Non si poteva invece mettere una clausola senza data rispetto alla sua entrata in vigore perché, essendo sospesa a condizioni aleatorie, sarebbe stata incostituzionale e avrebbe peraltro incentivato la lentezza nell’approvare la riforma costituzionale.

 15) L’Italicum vale solo per l’elezione della Camera dei deputati dal momento che c’è un legame politico con la riforma costituzionale ora all’esame del Senato per la terza lettura che abolisce il Senato elettivo trasformandolo in Camera delle Autonomie. Non è irrazionale, nel caso in cui la riforma costituzionale non andasse in porto, andare a votare con due sistemi diversi (l’Italicum per la Camera e il proporzionale Consultellum per il Senato)?

–No, perché, al di fuori dello scenario ottimo prima descritto, le elezioni della Camera designerebbero comunque un vincitore inaggirabile che sarebbe spinto, nel caso, a trovare qualche ulteriore alleanza al Senato.  Esattamente com’è accaduto in questa legislatura. Non si po’ però neanche escludere, viste le soglie di sbarramento più alte al Senato, che chi vinca alla Camera non possa non essere autosufficiente anche al Senato.

16) C’è il rischio di introdurre un presidenzialismo di fatto con il maggioritario Italicum e una sola Camera elettiva, come sostengono gli oppositori di questa riforma elettorale?

No, perché le soglie per eleggere gli organi di garanzia restano comunque al di sopra di chi ottiene il 54% alla Camera, anche se avesse un consenso analogo al Senato: occorre infatti il 60% dei componenti per eleggere i 5 giudici costituzionali di spettanza parlamentare, il 60% dei votanti per eleggere i membri laici del Csm e la riforma costituzionale, credo esagerando, alza a tale identica soglia anche il quorum per eleggere il Presidente della Repubblica.  Si tratta peraltro di elezioni tutte segrete, dove la vera garanzia sta nella libertà di scelta del singolo parlamentare garantita dalla segretezza, com’è giusto nei casi di votazioni su persone. E che, invece, giusta non è quando si deve deliberare sulla legge elettorale, dove ciascuno si dovrebbe assumere in pubblico la sua responsabilità.

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