La prima riforma istituzionale: “guarire i corrotti”

“La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile” (Corrado Alvaro).

da La Stampa di Roberta Leone

“Per il Papa, e più in generale per la Chiesa, gli antidoti alla corruzione sono semplici e antichi: la capacità di essere responsabili, saper calcolare gli effetti e le conseguenze di una scelta, non essere falsi; la trasparenza, la competenza, ma anche l’obiezione di coscienza. L’anticamera dell’autocorruzione invece inizia dal coinvolgimento in situazioni ambigue; diventare complici o corresponsabili; essere remissivi e dimissionari delegando ad altri le proprie responsabilità; rinchiudersi nel privato”. Con un saggio di p. Francesco Occhetta la Civiltà Cattolica dedica al pensiero di Papa Francesco sulla corruzione parte del numero in uscita il prossimo sabato. Sullo sfondo, la constatazione che “quando il Papa tocca temi inerenti la sfera pubblica, suscita reazioni forti nell’opinione pubblica e crea dibattiti. Di recente l’ha fatto, durante la celebrazione a Cassano all’Ionio, quando ha scomunicato chi appartiene alla ’ndrangheta”.

Il punto di partenza, per la Rivista dei gesuiti, è la messa celebrata da papa Francesco in San Pietro il 27 marzo scorso con circa 500 parlamentari italiani, accompagnati dal vescovo ausiliare della diocesi di Roma e cappellano del Parlamento italiano, mons. Lorenzo Leuzzi. In quella cerimonia senza foto e strette di mano, contrassegnata – annota p. Occhetta – dall’austerità, papa Francesco affidava all’omelia “un messaggio diretto al cuore della classe dirigente di ogni tempo e di ogni luogo”. Si verificava un evento che il gesuita non esita a giudicare “senza precedenti”, per la partecipazione – quasi la metà dei membri del Parlamento – a una Messa, diversa, per natura e finalità, da un’udienza o un ricevimento. “È stata forse proprio questa peculiarità – è l’analisi di Occhetta – a far sorgere in alcuni parlamenta­ri fraintendimenti e disorientamenti e a dar modo alla stampa di interpretare l’evento in modo parziale”.

Il riferimento, chiaro, è qui ad alcune prime reazioni dei presenti alle parole pronunciate in quella circostanza da papa Francesco: “È vero – rileva l’articolo- , per alcuni deputati le parole del Papa, almeno in un primo momento, sono risuonate particolarmente taglienti, fino a suscitare sentimenti di sorpresa e di perplessità; dalla maggioranza dei presenti, invece, sono state accolte come un’occasione per fermarsi a riflettere”; ma è anche una denuncia di un uso strumentale del messaggio del Pontefice, utilizzato “per rimettere il dito nella piaga degli scandali provocati dalla corruzione nella gestione dell’Expo, del Mose a Venezia, e di altre inchieste aperte nel Paese. In realtà – precisano dalla Civiltà Cattolica – l’orizzonte delle parole del Pontefice va oltre e tocca soprattutto la dignità e il ruolo della politica nella vita pubblica”. Simbolico è, per il gesuita, il tweet della presidente della Camera, Laura Boldrini, al termine la cerimonia: «Messa con Papa Francesco, suo messaggio sferzata a classe dirigente che non deve trincerarsi, ma essere capace di ascoltare e dare risposte».

A child embraces Pope Francis as he leads a special audience with families at St. Peter Square in Vatican

L’omelia
Commentando la lettura dal profeta Geremia sull’annuncio dell’esilio di Israele in Babilonia, nell’omelia della Messa con i Parlamentari Papa Francesco si era soffermato sul “lamento” del Signore: «Si lamenta di non essere stato ascoltato lungo la storia. È sempre lo stesso: “Ascoltate la mia voce… Io sarò il vostro Dio… Sarai felice…”. “Ma essi non ascoltarono né pre­starono orecchio alla mia parola, anzi: procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio. Invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle” (Ger 7,23-24)». Dei dottori della legge, sadducei e farisei che nel racconto dell’evangelista Matteo accusano Gesù di guarire con il potere di Beelzebul (Mt 11, 15), il Pontefice aveva detto: «erano tanto, tanto chiusi, lontani dal popolo, e questo è vero. Gesù guarda il popolo e si commuove, perché lo vede come “pecore senza pastori”, così dice il Vangelo. E va dai poveri, va dagli ammalati, va da tutti, dalle vedove, dai lebbrosi a guarirli. E parla loro con una parola tale che provoca ammirazione nel popolo: “Ma questo parla come uno che ha autorità!”, parla diversamente da questa classe dirigente che si era allontanata dal popolo». E concludeva: «È tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua sem­plicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio».
Quel guardare e commuoversi di Gesù – fa rilevare oggi p. Occhetta – “ricorda il motto scelto da Papa Francesco Miserando atque eligendo (nel guardarlo, ne ebbe compassione e lo scelse), secondo il quale il credente è chiamato a guardare il mondo con lo sguardo del Maestro”.

Il pensiero del Papa  
Le parole del Pontefice – chiarisce il gesuita – “non dividono i politici credenti dai non credenti, ma distinguono quelli onesti che costruiscono il bene comune da quelli che si fanno corrompere e gestiscono il potere privilegiando i propri interessi e quelli del gruppo a cui appartengono”. Per Occhetta, è la chiusura il punto-chiave e la condizione interiore che, nel pensiero di papa Francesco, “impedisce di ascoltare e di vedere”. E se l’origine della corruzione è per il Pontefice “di natura spirituale, non morale; risiede nella «stanchezza della trascendenza» e nella pretesa di autosufficienza”, tre sono le sue conseguenze esistenziali ultime: essa “sporca il cuore di chi la sceglie; of­fusca le coscienze; toglie la libertà e il desiderio di ascoltare la voce di Dio. La corruzione assopisce la coscienza a tal punto che, invece di distinguere il bene dal male, si arriva all’autogiustificazione del male”.

Alla domanda se un corrotto possa redimersi, – spiega Occhetta – la Scrittura dà risposta positiva, e tuttavia la condizione è che “devono essere tagliati tutti quei lacci fatti di ricatti, privilegi, patti, zone d’ombra che limitano e umiliano la propria libertà interiore davanti a Dio e agli uomini. È ciò che la Chiesa chiama «conversione»”. Ma il Papa, continua con una precisazione, “nel suo realismo, aggiunge un elemento in più. Egli ritiene che il corrotto rischi di non farcela da solo, se non viene aiutato a guarire; inoltre, al di là delle scelte che egli compie, sono gli eventi della vita a salvarlo: «Attraverso le prove che gli arrivano da situazioni che non può evitare (malattie, perdita di ricchezze, di persone care ecc.)». Queste dinamiche spaccano «l’ossatura corrotta e permettono l’accesso alla grazia. Solo allora potrà essere curato»”.

“Eletti per servire”. I parlamentari italiani
Dal 27 marzo scorso ad oggi, “quella che doveva rimanere un’omelia, per molti parlamentari italiani si è a poco a poco trasformata in un esame di coscienza pubblico”: 42 Parlamentari italiani hanno riletto il discorso di papa Francesco, dando vita al volume “Eletti per servire. Papa Francesco e i parlamentari italiani”, raccolto da Mons. Leuzzi. La Civiltà Cattolica, intanto, torna oggi a ribadire con chiarezza le attese di papa Francesco, che “chiede anche alla politica di purificarsi privi­legiando «l’unità sul conflitto», e di aprire nuovi processi culturali basati sul dialogo sociale prima di conquistare e occupare spazi”.

 

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