Papa Francesco e il Collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica

Papa Francesco ha ricevuto oggi in Vaticano la comunità della Civiltà Cattolica, in occasione della pubblicazione del fascicolo numero 4000. Pubblichiamo di seguito un estratto testo del discorso del Papa, pubblicato dalla Sala Stampa vaticana che è possibile leggere per intero in www.laciviltacattolica.it 


Cari scrittori del Collegio della Civiltà Cattolica, cari collaboratori laici, sono contento di incontrarvi insieme agli altri gesuiti della Comunità, alle suore e a tutti coloro che collaborano con voi nella vita della rivista e nell’amministrazione della casa nella quale abitate.
[…]
Ecco: restate in mare aperto! Il cattolico non deve aver paura del mare aperto, non deve cercare il riparo di porti sicuri. Soprattutto voi, come gesuiti, evitate di aggrapparvi a certezze e sicurezze. Il Signore ci chiama a uscire in missione, ad andare al largo e non ad andare in pensione a custodire certezze. Andando al largo si incontrano tempeste e ci può essere vento contrario. E tuttavia il santo viaggio si fa sempre in compagnia di Gesù che dice ai suoi: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (Mt 14,27).

La vostra navigazione non è solitaria. I miei Predecessori, dal beato Pio IX a Benedetto XVI, incontrandovi in udienza, hanno riconosciuto più volte come la vostra navigazione sia nella barca di Pietro. Questo vincolo al Pontefice è da sempre un tratto essenziale della vostra rivista. Voi siete nella barca di Pietro. Essa, a volte nella storia – oggi come ieri – può essere sballottata dalle onde e non c’è da meravigliarsi di questo. Ma anche gli stessi marinai chiamati a remare nella barca di Pietro possono remare in senso contrario. È sempre accaduto. Voi di Civiltà Cattolica dovete essere «“rematori esperti e valorosi” (Pio VII, Bolla Sollicitudo omnium Ecclesiarum): remate dunque! Remate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme!» (Omelia nei Vespri con Te Deum, 27 settembre 2014). Questo è il vincolo tra me e voi. Ed esprimo il mio «vivo desiderio che questo vincolo non solo si mantenga, ma si rafforzi» (Giovanni Paolo II, Discorso agli scrittori de “La Civiltà Cattolica”, 19 gennaio 1990). Andiamo sempre avanti nella nostra navigazione, spinti dal soffio dello Spirito Santo che ci guida.
4000 fascicoli non sono una raccolta di carta! C’è una vita dentro, fatta di tanta riflessione, di tanta passione, di lotte sostenute e contraddizioni incontrate. Ma soprattutto di tanto lavoro. Ho saputo che i vostri antichi predecessori amavano chiamarsi semplicemente «lavoratori». Non«intellettuali», ma «lavoratori». Mi piace molto questa definizione che è umile, modesta e molto efficace. Sant’Ignazio ci vuole lavoratori nella vigna mistica. Io lavoro in un modo, voi lavorate in un altro. Ma siamo insieme, accanto. Io nel mio lavoro vi vedo, vi seguo, vi accompagno con affetto. La vostra rivista è spesso sulla mia scrivania. E so che voi nel vostro lavoro non mi perdete mai di vista. Avete accompagnato fedelmente tutti i passaggi fondamentali del mio Pontificato a partire dalla lunga intervista che ho concesso al vostro direttore nell’agosto 2013: la pubblicazione delle Encicliche e delle Esortazioni apostoliche, dando di esse una interpretazione fedele; i Sinodi, i Viaggi apostolici, il Giubileo della Misericordia. Vi ringrazio di questo e vi chiedo di proseguire su questa strada a lavorare con me e a pregare per me.
Quante cose sono accadute in 167 anni di vita della rivista e raccontate nei vostri 4000 quaderni! Ad ogni millesimo fascicolo avete incontrato il Papa: Leone XIII, Pio XI, Paolo VI hanno celebrato i precedenti. Adesso eccovi con me. E con voi c’è il padre Generale della Compagnia di Gesù perché il beato Pio IX volle che il Collegio «dipendesse completamente e in tutto» da lui (Breve ap. Gravissimum supremi). Io confermo questo affidamento della Civiltà Cattolica al Padre Generale proprio a causa del compito specifico che la vostra rivista svolge al servizio diretto della Sede Apostolica. E più in generale confermo gli Statuti originari della vostra rivista, che Pio IX scrisse nel 1866 istituendo La Civiltà Cattolica «in modo perpetuo».

[…]


E qual è questa missione specifica? È quella di essere una rivista cattolica. Ma essere rivista cattolica non significa semplicemente che difende le idee cattoliche, come se il cattolicesimo fosse una filosofia. Come scrisse il vostro fondatore, p. Carlo Maria Curci, La Civiltà Cattolica non deve «apparire come cosa da sagrestia». Una rivista è davvero «cattolica» solo se possiede lo sguardo di Cristo sul mondo, e se lo trasmette e lo testimonia.
Nel mio incontro con voi tre anni fa vi ho presentato la vostra missione in tre parole: dialogo, discernimento, frontiera. Le ribadisco oggi. Nel biglietto augurale che vi ho inviato per il numero 4000 ho usato l’immagine del ponte. Mi piace pensare alla Civiltà Cattolica come una rivista che sia insieme «ponte» e «frontiera».
Oggi vorrei aggiungere qualche riflessione per approfondire quello che i vostri fondatori, ripresi poi da Paolo VI, chiamarono il “disegno costituzionale” della rivista. E vi darò anche tre “patroni”, cioè tre figure di gesuiti alle quali guardare per andare avanti.

La prima parola è INQUIETUDINE. Vi pongo una domanda: il vostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca? Solo l’inquietudine dà pace al cuore di un gesuita. Senza inquietudine siamo sterili. Se volete abitare ponti e frontiere dovete avere una mente e un cuore inquieti. A volte si confonde la sicurezza della dottrina con il sospetto per la ricerca. Per voi non sia così. I valori e le tradizioni cristiane non sono pezzi rari da chiudere nelle casse di un museo. La certezza della fede sia invece il motore della vostra ricerca.
Vi dò come patrono san Pietro Favre (1506-1546), uomo di grandi desideri, spirito inquieto, mai soddisfatto, pioniere dell’ecumenismo.

[…]

La seconda parola è INCOMPLETEZZA. Dio è il Deus semper maior, il Dio che ci sorprende sempre. Per questo dovete essere scrittori e giornalisti dal pensiero incompleto, cioè aperto e non chiuso e rigido. La vostra fede apra il vostro pensiero. Fatevi guidare dallo spirito profetico del Vangelo per avere una visione originale, vitale, dinamica, non ovvia. E questo specialmente oggi in un mondo così complesso e pieno di sfide in cui sembra trionfare la “cultura del naufragio” – nutrita di messianismo profano, di mediocrità relativista, di sospetto e di rigidità – e la “cultura del cassonetto”, dove ogni cosa che non funziona come si vorrebbe o che si considera ormai inutile si butta via.
La crisi è globale, e quindi è necessario rivolgere il nostro sguardo alle convinzioni culturali dominanti e ai criteri tramite i quali le persone ritengono che qualcosa sia buono o cattivo, desiderabile o no. Solo un pensiero davvero aperto può affrontare la crisi e la comprensione di dove sta andando il mondo, di come si affrontano le crisi più complesse e urgenti, la geopolitica, le sfide dell’economia e la grave crisi umanitaria legata al dramma delle migrazioni, che è il vero nodo politico globale dei nostri giorni.
Vi dò dunque come figura di riferimento il servo di Dio padre Matteo Ricci (1522-1610). Egli compose un grande Mappamondo cinese raffigurando i continenti e le isole fino ad allora conosciuti.

[…]

La terza parola è IMMAGINAZIONE. Questo nella Chiesa e nel mondo è il tempo del discernimento. Il discernimento si realizza sempre alla presenza del Signore, guardando i segni, ascoltando le cose che accadono, il sentire della gente che conosce la via umile della cocciutaggine quotidiana, e specialmente dei poveri.

[…]

Comprendere le metafore aiuta a rendere il pensiero agile, intuitivo, flessibile, acuto. Chi ha immaginazione non si irrigidisce, ha il senso dell’umorismo, gode sempre della dolcezza della misericordia e della libertà interiore. È in grado di spalancare visioni ampie anche in spazi ristretti come fece nelle sue opere pittoriche il fratel Andrea Pozzo (1642-1709), aprendo con l’immaginazione spazi aperti, cupole e corridoi, lì dove ci sono solo tetti e muri. Vi dò anche lui come figura di riferimento.

[…]
Mi auguro che La Civiltà Cattolica, anche grazie alle sue versioni in altre lingue, possa raggiungere molti lettori. La Compagnia di Gesù sostenga quest’opera così antica e preziosa, anzi unica per il servizio alla Sede Apostolica. Sia generosa nel dotarla di gesuiti capaci e la diffonda lì dove è più opportuno. Penso soprattutto ai centri di formazione educativa e alle scuole, in particolare per la formazione di docenti e genitori. Ma anche nei centri di formazione spirituale. Ne raccomando particolare diffusione nei seminari e nei centri di formazione. I vescovi la sostengano. Il suo legame con la Sede Apostolica ne fa, infatti, una rivista unica nel suo genere.

Concludo questo nostro incontro ringraziandovi per la testimonianza che date. […]

Facebooktwitterlinkedinmail

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

You may use these HTML tags and attributes: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Potrebbe interessarti anche