Europa: un sogno o un incubo?

Per cercare di sviluppare questo tema sull’Europa e i principi della Costituzione europea, nella prestigiosa basilica di Santa Giustina di Padova, vorrei premettere, in questi miei appunti, una citazione che mi capita di richiamare spesso e che ci fa mettere subito il dito nella piaga:

“L’occidente deve passare per una rivoluzione spirituale. L’attuale collasso economico non è una questione di crisi finanziaria: è una crisi morale. Credo che l’occidente (in particolare l’Europa) sia colpevole di sette grandi peccati: benessere senza lavoro; educazione senza morale; affari senza etica; piacere senza coscienza; politica senza principi; scienza senza responsabilità; società senza famiglia e ne aggiungerei un altro, fede senza sacrificio. Qual’è la soluzione? Sostituire i ‘senza’ con altrettanti ‘con’”.

Siamo ad un bivio. Costruire sui con o rischiare di sprofondare tutti sulla stessa barca.

Eppure è la fiducia, l’investire in un sogno, sapere che la pace vale più della guerra, la scommessa in progetti buoni che portano più vita che conservare i propri privilegi… sono stati pilastri su cui è stata costruita e voluta l’Europa. La carica ideale che ha permesso ad sogno di diventare realtà è rinchiuso come una parla preziosa nel discorso di De Gasperi che il 5 gennaio 1952:

Bologna RallyNon vi parlrò dell’Italia, ma dell’Europa e non dell’Europa di ieri e di oggi, ma dell’Europa di domani, di quell’Europa che vogliamo ideare, preparare e costruire. Che cosa s’intende fare quando si parla di una Federazione europea? Ecco all’ingrosso di che si tratta: di una specie di grande Svizzera, che comprende italiani, francesi e tedeschi: tutta gente divenuta pacifica, laboriosa e prospera. Ma taluno domanderà perché a proposito di questa impresa pacifica, si parla sempre di eserciti, di organizzazione militare, di armamenti. Rispondo che così si presentano le cose nella storia. La Svizzera come è nata? Da una necessità di comune difesa. Gli Stati Uniti come sono nati? Da una guerra di indipendenza, da un ideale di libertà. Tutte le altre Confederazioni più o meno sono nate da questa esigenza reale di popoli che sentono la necessità di mettere insieme i loro sforzi per costruire qualcosa di nuovo e dare un assetto diverso alla loro vita comune e collettiva. Ecco perché non c’è nulla di strano che questa idea vada maturando, che questa possibilità si apra sull’orizzonte dell’avvenire e si apra proprio nel momento in cui si discute di armi, di riarmo, di necessaria difesa, di mettersi insieme per la difesa delle proprie libertà. Ma non bisogna confondere quella che è l’occasione, il mezzo, la via per la costruzione, cioè il punto di partenza, con la costruzione stessa, col nostro ideale. Non è che vogliamo creare un’organizzazione di armati, un campo trincerato in cui sia sempre necessario stare in armi per difenderci. Nient’affatto. Cerchiamo di metterci insieme a difendere la nostra vitalità, le nostre possibilità di sviluppo per scoraggiare i tentativi che possono venire da qualsiasi parte per renderci impossibile questo sviluppo. Non è detto che questo sforzo debba durare eternamente, ma solo il periodo critico, superato il quale, questa impresa si svilupperà permanentemente nella nostra vita collettiva.

Siamo davanti a un’opzione culturale che può cambiare il corso della politica. Oltre alla fiducia e alla scommessa De Gasperi basa le sue politiche europee sul principio di sussidiarietà che presuppone un’opzione personale di responsabilità e un cambio di mentalità che potremmo definire con le note parole di Kennedy: «Non chiedere quello che il tuo Paese può fare per te, chiediti invece cosa puoi fare tu per il tuo Paese».

Lo scopo del principio è di permettere non solamente che i cittadini rivitalizzino i corpi intermedi, ma che diventino protagonisti dello sviluppo e del governo del loro territorio.

La faccia non-teorica, molto meno conosciuto, favorisce percorsi di cittadinanza attiva, facilitando la creazione di nuovi posti di lavoro e ridefinendo la nozione di welfare.

Nella storia contemporanea ricorre un dato significativo e che può creare un parallelismo col nostro tempo: la crisi del ’29. Un commentatore così afferma: «Il crollo di Wall Strett spezzerà via ogni ipotesi di regolazione internazionale dell’economia e della finanza, inducendo ogni Stato a chiudersi nell’autarchia e nel protezionismo, nella caccia serrata ai mercati ed alle materie prime, sotto la bandiera del “sacro” egoismo nazionale. I milioni di disoccupati cDiciotto-anni-dopo-ancora-voglia-di-Europa_largereati dalla crisi saranno non a caso una delle leve più potenti usate da Hitler per raggiungere il potere. Solo gli Stati Uniti riusciranno a reagire positivamente alla crisi, con la presidenza di Franklin D. Roosevelt e il varo del New Deal Nuovo corso».

Come è stato scritto la sussidiarietà inscritta nella Costituzione europea indirizza «la costruzione di un diverso modo di essere degli Stati e dei governi locali, non a una resa all’ideologia neoliberista del totale e incontrollato dominio del mercato». Inoltre si tratta di un principio che ha due meriti: non è ideologico ed è concreto.

Su questa idea di sussidiarietà si sono basati gli ultimi programmi elettorali del presidente statunitense, Obama, e del premier inglese, Cameron. Quest’ultimo, in particolare, nel luglio 2010, ha spiegato il suo modello sussidiario basato sull’idea di big society. Questo anzitutto comporterà un cambiamento culturale in cui le persone, da una parte dovranno sempre meno rivolgersi alle autorità locali o centrali per trovare risposta ai loro problemi, e dall’altra dovranno essere messe in condizione di organizzarsi e fondare scuole, imprese, cooperative, enti di beneficienza e di controllo sociale, per sostenere se stesse e la comunità in cui vivono.

Questa nuova «cultura di governo» tocca certamente le istituzioni, ma anche tutti gli enti e le persone che hanno potere su altri: i datori di lavori, la gerarchia ecclesiastica, i padri di famiglia ecc.

 L’Europa bocciata dal voto europeo

L’elezione dei 751 membri del Parlamento europeo del 22-25 maggio ha riscritto la geografia elettorale dell’Ue e posto al centro di una tempesta politica molti dei 28 Governi che compongono l’Ue. Al di là di ogni previsione i principali sismografi della politica non hanno previsto l’onda anomala del voto che ha investito l’Europa. Si pensi agli esiti elettorali in Francia dove i socialisti di Hollande sono stati sconfitti dal Front National di Marine Le Pen, in Inghilterra dove gli inglesi hanno votato in massa la forza nazionalista e antieuropea dell’Ukip di Farange, in Danimarca in cui il Partito del Popolo danese (populista e xenofo), il Dansk folkeparti, è stato il più votato. Anche il voto spagnolo rimette in discussione il bipolarismo interno: socialisti e popolari perdono 17 seggi e oltre cinque milioni di voti rispetto alle ultime elezioni europee del 2009 in favore di forze politiche antieuropee. L’onda lunga del nazionalismo ha investito anche Paesi come l’Ungheria, in cui ha vinto la destra nazionalista di Viktor Orbán, e il Belgio in cui si sono affermati i nazionalisti fiamminghi con la Nuova alleanza fiamminga di Bart De Wever.

L’alleato più stretto dei nazionalismi in Europa rimane l’astensionismo; alle urne si è recato a votare meno della metà dei cittadini europei pari al 43,09%: colpisce l’astensionismo della Repubblica Ceca e della Svolacchia pari al 19,5% e il 13% degli aventi diritto.

Anche il risultato ottenuto dalla Merkel in Germania e da Renzi in Italia può essere considerato l’ennesima anomalia del voto; i due capi di Governo si sono trovati alla guida (politica) di una Ue stanca, confusa e impaurita che sembra aver smarrito le sue origini ideali.

Il noto vignettista politico, Patrick Chappatte, ha rappresentato queste elezioni dipingendo un gruppo di elettori europei in un seggio mentre reggono un cartello con la scritta «Scontenti» e gridano la loro rabbia con un megafono nell’urna elettorale. Tuttavia questa immagine rispecchia solo una parte della realtà. I risultati dimostrano che esistono 28 modi (pari al numero degli Stati) di essere scontenti e queste voci saranno rappresentate da circa 140 deputati; ci sono però anche 28 modi di essere a favore dell’Ue che verranno rappresentati dai 591 deputati espressione di forze politiche europeiste. È su loro che pesa la responsabilità di uscire dalla crisi economica e politica che blocca l’Ue.

La missione del Parlamento europeo

Analizzando il voto europeo e pensando al futuro dell’Ue Romano Prodi ha dichiarato: «Ci vuole una politica di ripresa. Una politica energetica investendo in gasdotti, oleodotti, energie alternative, reti elettriche. Dobbiamo integrare le linee ferroviarie e stradali tra i vari Paesi europei. Abbiamo bisogno di una politica di raddoppio degli investimenti in ricerca e sviluppo. Tutte queste eventualità sono molto più possibili oggi che non in passato e l’Italia, avendo acquisita una nuova credibilità, può indirizzare in questa direzione la sua presidenza del semestre europeo». Ci chiediamo: l’elezione di un nuovo Parlamento europeo sarà in grado di raggiungere questi obiettivi? Potrà Matteo Renzi trasformare queste attese in realtà?

L’Ue è governata sia dalla Commissione europea, sia dal Consiglio europeo. Tuttavia il Parlamento europeo, che è l’unico organo eletto dai cittadini dell’Ue, sta acquisendo con gli anni un ruolo politico di maggiore credibilità, in questi anni ha saputo orientare l’Ue attraverso la funzione legislativa e di bilancio (congiuntamente al Consiglio, l’istituzione che rappresenta gli Stati membri), e la funzione consultiva e di controllo politico. È l’unico organo europeo avvertito dai cittadini come il cuore dell’Ue, le altre istituzioni invece sono avvertite come troppo distanti (cfr L. Larivera, «Ombre e luci per il nuovo Parlamento europeo», in Civ. Catt. 2014 II 273-283).

Il Parlamento europeo, anche se esce indebolito dalla destra populista e dalle forze anti-austerity, mantiene il suo equilibrio politico. I Popolari (Ppe) hanno ottenuto 221 deputati ne perdono 60 ma rimangono il primo partito (29,43%). I socialisti (S&D) sono secondi con 189 deputati (25,17%) ma diminuiscono di 7 deputati; la sconfitta dei socialisti francesi e spagnoli è stata compensata dalla vittoria del Pd italiano e dei socialdemocratici tedeschi di Martin Schulz. I liberali (Alde) perdono 19 seggi ed entrano in Parlamento con 64 deputati (7,86%). I verdi hanno invece ottenuto 52 deputati (6,92%) mentre l’Ecr (conservatori e riformisti) entra con 46 eurodeputati (6,13%).

In realtà la ricomposizione del Parlamento fa emerge un problema insoluto: separa nei fatti i Paesi dell’eurozona dagli altri — come l’Inghilterra, la Danimarca e la Svezia — interessati ad una collaborazione economica e non politica. Ma c’è di più. La stessa eurozona è in crisi di leadership: «La Francia ha perso la sua centralità nella politica europea. La crisi dell’euro ha messo in evidenza il fatto che la Francia non riesce più a controbilanciare la Germania […]. La Francia è diventata “il malato d’Europa”. Con una Francia rinchiusa in sé stessa, l’eurozona è drammaticamente sbilanciata».

Infine gli eurodeputati e i loro Governi nazionali devono scegliere come conciliare i conflitti tra i Paesi del Nord e del Sud Europa — su temi come l’immigrazione e la disoccupazione — e quali soluzioni sono necessarie per uscire dalla crisi dell’euro.

In questo scenario così complesso nasce l’investitura di Matteo Renzi come timoniere del «transatlantico Europa». Oltre al Governo Usa lo ha ribadito anche il nobel dell’economia Joseph Stiglitz: «Spero che Merkel ora dia ascolto a Renzi» perché «non è stato un voto contro l’Europa ma contro le sue politiche attuali che sono ideologiche, inutili e anche dannose».

Alcune domande aperte

Jacques Delors prima di preparare il Trattato di Maastricht (1992) aveva chiesto ad un gesuita belga come la chiesa percepiva i principi di sussidiarietà e solidarietà.

La moneta unica è un aspetto della solidarietà, è sussidiarietà l’aiuto delle regioni ricche a quelle povere, la differenza linguistica è un tema sussidiario ecc. …

La Costituzione europea è divisa in tre parti secondo una particolare architettura

Perché è poco conosciuta e viene poco sentita dai cittadini europei?

  1. I governi nazionali sembrano utilizzano Bruxelles per risolvere o scaricare i problemi che non funzionano nel paese.
  2. Nessuno spiega cosa si sta facendo per l’Europa cosa sta facendo l’Europa.

A Bruxelles sia la commissione sia i membri del parlamento non compaiono nella stampa nazionale.

Alcuni principi vengono anche fraintesi: la sussidiarietà intesa come autonomia, fa sì che gli State le Regioni invece di essere in comunione col governo centrale entrano sistematicamente in competizione proprio per rivendicare la loro sussidiarietà.

Il segreto per De Gasperi era procedere a cerchi concentrici: piccola comunità europea, poi mercato comune, poi unione europea, poi moneta unica…

Ma l’Europa ha due tipi di problemi:

Il limite suo limite (i suoi confini) e l’oggetto. La commissione non vuole ascoltare. Turchia? E poi Giorgia? E poi? Ma così quale identità si può creare?

La Commissione europea non vuole ascoltare le critiche dei popoli.

Manca: educazione nelle scuole e una politica diversa dei media. Le Chiese agiscono bene.

Deficit di sentimento di federalismo. La riforma della Commissione lo esprime bene: i 12 membri per la organizzazione della commissione sono stati bocciati, sarebbe stato un organo snello e veloce, gestire con 28 membri ed è ridicolo.

Quale forma di integrazione, sulle politiche degli Stati o delle Regioni? Quale alleanza con la Turchia? Quale politica monetaria? Quale forma di integrazione?

Così l’Europa ha 4 dimensioni da curare e sviluppare:

  • La politico-diplomatica (quale rapporto con la Russia e l’unione euroasiatica?).
  • L’economica.
  • La sicurezza (quale esercito e su che linee proteggerci).
  • La legislativa legata ai diritti umani universali.

Sulle scelte politiche e tecniche rimane il monito di De Gasperi a non dimenticare:

Nel passato sono stati tanti i conflitti e le guerre per questa impossibilità di trovare l’accordo, di discutere, per l’impossibilità di mettersi insieme in un’Assemblea e trattare di pace; non è meglio che facciamo uno sforzo per raggiungere la pace, per avere delle formule, per avere delle istituzioni che garantiscano questa pace?

 

 

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