Le 3P: Paglia, Pace e Pastori

Nella notte di Natale di un paio di anni fa, il padre gesuita Luciano Larivera, ci ha tenuto un’omelia che vale la pena meditare. 

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“1. Nella mangiatoia è deposto Gesù. E subito acquista l’odore delle pecore e del loro cibo secco e austero, la paglia. Un po’ come la paglia della carta giallina della nostra rivista che dopo breve tempo perde il profumo dell’erba appena mietuta, perde la freschezza dell’attualità e della novità. Noi possiamo aprirci al nuovo anno soltanto se speriamo che le «balle di fieno» che ci attendono, cioè i volumi della nostra prossima annata 2014, restino utili nel tempo come paglia buona: per riscaldare, per proteggere e per nutrire.

2. Deponiamo il Signore sulle carta inchiostrata delle nostra rivista a cui confluiscono, in modo diretto e indiretto, buona parte delle nostre fatiche. Perché la Civiltà Cattolica sia una dignitosa e umile mangiatoia. Colma di amore per chi ci vive e lavora, per i nostri lettori e per la gente che ci visita.

3. Ci è nato il capo Gesù. E noi siamo suo gregge. Questa è la nostra gioia che nessuno può levarci. Ma il pastore è ancora bambino, Gesù-Pace non regna ancora in modo universale e visibile. Lo aspettiamo ancora. Il mondo è ancora molto nelle tenebre, non siamo ancora tutti suo gregge. Tra le sue pecore non c’è unità, molte di loro sono perseguitate e disperse, come in Siria, nel Medio Oriente e in tante parti del mondo. Mentre si teme l’escalation di violenza in forma di vera guerra civile in due Paesi a maggioranza cristiana: Repubblica Centrafricana e Sud Sudan.

4. Manca la pace e non saranno le prossime Olimpiadi invernali a creare la tregua. Resta un senso di angoscia e di vergogna perché la nostra relativa tranquillità occidentale non è per tutti. Ma sappiamo che la pace in terra è il desiderio di Dio e gli angeli la annunciano. E quando inquadro, nelle otto beatitudini di Matteo, il servizio insieme di noi gesuiti e suore, in questa opera e di ogni contributo scritto nella Rivista, mi sembra che per noi vale la beatitudine degli operatori di pace. Il Signore ci conservi in questa missione di peacebuiding. E ci chiami suoi figli.

5. Il cuore si riempie di tenebre anche per la tanta gente che sta male e che vive nella miseria, ma anche per coloro che efficacemente promuovono l’ingiustizia. Un capo camorrista, diventato tale per uscire dall’insignificanza sociale ed economica, così esprimeva la sua strana devozione religiosa: «Il Presepe… me piace. Me fanno schifo i pastori». I pastori quelli veri fanno una vita di schifo, altro sono coloro che semplicemente possiedono il bestiame. Molti immigrati in Italia lavorano negli allevamenti. I pastori vivono con le bestie e spesso come le bestie. Non sono l’emblema di un boss. Ma di fatto molti capi mafiosi vivono spesso come animali braccati e rintanati. Ma soprattutto fanno vivere gli altri come bestie da mungere, tosare e macellare. Anche inquinando la terra perché produca veleno per uomini e animali. Non sono pastori.

6. Nel Natale il Signore chiama ognuno di noi per elevarci a pastori, per trasformarci in pastori del suo gregge, per rinnovare la nostra dignità di essere «pastori di uomini». Il Natale soprattutto per noi che non abbiamo bambini, è la festa degli adulti e di chi esce dalla giovinezza, come Giuseppe e Maria. Natale è solennità propria per coloro che vivono il servizio di guida nella Chiesa e nelle altre realtà umane, essi sono chiamati anche ad organizzare i tempi di festa e di celebrazione e non solo il lavoro.

7. Il Signore ci ha dato un nuovo Pastore, con Papa Francesco; nel 2014 avremo anche nuovi Provinciale italiano e Delegato del Padre Generale per la Civiltà Cattolica. Ricordiamo anche coloro che ci sono stati a loro modo pastori e gli altri nostri confratelli e consorelle gravemente malati. La grotta di Betlemme con il bimbo in fasce ci ricorda il sepolcro di Gerusalemme. E il Natale è anche rinnovare la fede nella risurrezione della carne. Dalle grotte e dai sepolcri esce la vita eterna.

della strada8. Nel Vangelo si legge che i pastori facevano la guardia «al loro gregge» e non ai propri greggi. Ci è chiesto di lavorare insieme perché uno è il gregge.

E la leadership è responsabilità condivisa. Si è leader di se stessi soltanto se lo si è per il gregge con gli altri pastori, altrimenti diventiamo lupi o ladri di pecore o di polli.
Inutili, ma nono servi. Il 2014 sarà anche l’anno di celebrazione del bicentenario della Ricostituzione della Compagnia di Gesù, sarà un tempo per rinnovare la nostra forma di leadership di servizio alla Chiesa e al mondo”.

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