Morte, dicci chi sei

Quando ogni anno arriva la ricorrenza dei defunti del 2 novembre nel cuore scorrono volti e ricordi ma anche una domanda… quella sulla morte. E’ per questo motivo che quest’anno voglio cercare di dialogare con te.

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Ti esorcizziamo e abbiamo paura di parlare di te, morte! Sei stata definita da San Francesco come una sorella. Eppure tu non sei come il fuoco, le sorgenti di acqua limpide, le stelle della notte o la brezza leggere che respiriamo all’alba della vita.

Oggi non vogliamo farti apparire. In altri secoli sei stata celebrata e mostrata, ma nel nostro tempo sei sparita dal dibattito pubblico, lodiamo l’eterno sopra-vivere. Ssss, facciamo finta di essere super uomini che nascondono finitudine, dolore fragilità e sofferenza…. Forse perché vogliamo morire scoppiando di salute? Oppure semplicemente perché non sappiamo più come reagire e guardarti in faccia?

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Sei rimasta nei germi della cultura, quando ti pensiamo come domanda nella vita degli uomini tu emergi qua e là. Di te Virgilio cantava: “Per la morte non c’è spazio,ma le vite volano e si aggiungono alle stelle nell’alto cielo“.

Subdolamente ci inabiti: quando entri nelle nostre case e nelle nostre comunità, quando sperimentiamo il nostro limite e la malattia. Infine fai capolino nelle nostre esperienze caduche e ti fai presente quando prendiamo una decisione. Prendendo una strada, moriamo a tutte le altre… e tutto questo lo dobbiamo chiamare col tuo nome: morte!

Ogni scelta è un sentirsi morire a tutte le altre scelte. Allora, dimmi se ti capiamo bene: tu ci anticipi, non chiedi di aspettarti? Giusto?
Proprio perché sai che la vita è mortale, tu appari qua e là, ti fai vedere e ti fai presente. Forse è perché ci chiedi di conoscerti?

Proprio perché sei connaturale alla nostra esistenza, ti interroga da sempre chi ha a che fare con la vita: i medici, i sociologi i filosofi e i teologi… ma anche tutte le persone che amano e non vogliono morire.

Ci crei un vuoto, che nemmeno Dio riempie. Ma il dolore che scava i cuori crea un luogo di comunione in cui tu non puoi entrare. Lo ha scritto Bonhoeffer:

“Non c’è nulla che possa sostituire l’assenza di una persona a noi cara.
Non c’è alcun tentativo da fare, bisogna semplicemente tenere duro e sopportare.
Ciò può sembrare a prima vista molto difficile, ma è al tempo stesso una grande consolazione, perché finché il vuoto resta aperto si rimane legati l’un l’altro per suo mezzo.
E’ falso dire che Dio riempie il vuoto; Egli non lo riempie affatto, ma lo tiene espressamente aperto, aiutandoci in tal modo a conservare la nostra antica reciproca comunione, sia pure nel dolore.
Ma la gratitudine trasforma il tormento del ricordo in una gioia silenziosa.
I bei tempi passati si portano in sé non come una spina, ma come un dono prezioso.
Bisogna evitare di avvoltolarsi nei ricordi, di consegnarci ad essi; così come non si resta a contemplare di continuo un dono prezioso, ma lo si osserva in momenti particolari e per il resto lo si conserva come un tesoro nascosto di cui si ha la certezza.
Allora sì che dal passato emanano una gioia e una forza durevoli”.

A volte pensiamo di addomesticarti come quelli che pensavo di portare un leone e una tigre nel loro cortile e farsi servire. Altri si allontanano da te dandoti risposte. Ma la risposta, soprattutto religiosa, annulla la domanda su di te e soffoca il luogo interiore in cui ci abiti.

Anzitutto dobbiamo pensarti come domanda. Certo, ci metti in questione. Se c’è la vita, tu morte sembri non esserci. Invece siamo chiamati ad entrare dentro il tuo mistero.

Morte, dicci chi sei! Nel risponderci, diccelo con calma.

Tu sei una “linea” nella nostra vita. Già, ti vogliamo pensare come una linea, i latini infatti ti chiamavano “finis” (linea). stop

Sei anzitutto come la linea dell’incrocio sotto il semaforo: quando vuoi dirci stop, ci fermi bruscamente, ci arresti e ci sequestri. Interrompi la storia degli uomini e sei spietata. Questa linea vuol dire che davanti a te quella persone che ti vive, muore per il mondo. Ci fai fare l’esperienza del pianto di chi ci toglie qualcuno, ma anche chi sente che muore una parte di noi Sei nemica, una puttana disonesta e ingiusta. Viene da fuori e interrompi una corrente. Tu vieni da fuori di noi e sei qualcosa di esterno alla vita. Sei nemica e straniera. C’è sempre una carezza in più che si vorrebbe dare. Ma tu morte ci togli questo “di più”.

marco-pantani-a-montecampione-foto-fabrtizio-delmatiSei però anche una seconda linea: la linea del traguardo, sei la nostra vittoria. Il finis, il fine della vita. Cosa vuole dire? Molti martiri vivono un traguardo, un incontro. La linea che rappresenta il fine è il punto verso cui tutto quello che precede tende. La caratteristica del fine è dare senso a ciò che precede, e che da senso a tutto ciò che la precede. E’ per questo che tu, morte, ci dici chi siamo e come abbiamo vissuto. Insomma sei il compimento di un cammino fatto che a te sembra essere consegnato per sempre.

Ma tu sei un terzo tipo di linea: la linea del confine, come quella tra l’Italia e la Svizzera, tra la Francia il Belgio, o semplicemente come da una realtà ad un’altra. florio_sotto_cielo

Sei il confine qualcosa che rimanda ad una parte e ad un’altra. Ci fai giocare tra “il fine” della vita e “la fine”, è come se ci rivelassi una ricchezza nascosta. Di fronte a questo contrasto è come se ci venisse davanti una sorta di mistero. Da una parte c’è la vita e dall’altra la mancanza di esperienza diretta ci fa solo percepire chi potresti essere. Su questa soglia però ci dobbiamo fermare.

Tu che sei una linea sei il luogo della domanda radicale, con le domande che ci poni abitiamo il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo.

Tu raccogli anche un altro confine, quello tra la natura e la cultura. Tutti muoiono, però la natura e gli uomini ti interpretano e nella natura produciamo cultura per umanizzarti. Tu sei natura e cultura insieme.

Tu morte non esisti allo stato puro ti sperimentiamo solo interpretandoti e vivendoti con gli occhi puntati sulla vita.

Morte sei davvero l’ultimo male? A questa domanda siamo chiamati noi a rispondere. Tu tieni accesa la domanda per vivere.

Di te è stato scritto che sei “il supremo atto di fiducia nella bontà del reale, nonostante lo scomparire dell’individualità”.

La religione poi rischia di complicare le cose. Manca un corpo al bilancio dei conti della morte, la somma non torna e l’evento più certo della vita è stato falsificato. Non ci dovevi rendere tutti uguali? Ricco e povero, giovane e anziano, davanti a te c’è o non c’è differenza?

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In gioco ci poni davanti una sfida: non tanto la morte o la risurrezione come idea, il dramma che giustifica i filosofi a credere o a non credere (in fondo rimane un’idea!), ma al centro c’è una persona risuscitata. Lo aveva detto a Marta: “io sono la Risurrezione e la vita” (Gv 11,25). Senza equivocarci sull’ordine però: prima la morte, poi la risurrezione e poi la vita.

Prima la morte, con lo stesso destino del seme della terra, poi la risurrezione, da tutte le nostre tombe e dalle nostri morti, poi la vita, anzi, la Sua vita quella di Dio che entra nelle nostre morti e le risorge…

Per questo Francesco dice: “Laudato si, mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullo omo vivente po’ scampare”: poche righe di dirci che sei “morte corporale” e “non morte totale”. Allora se sei sorella vuol dire che a te siamo legati da un mistero di vita, dallo stesso sangue che unisce i fratelli? Sono poco convinto, discorso troppo scontato.

In questo nostro corpo così caduco e ammalato tu ci permetti di celebrare una festa quella della Pasqua. Quel corpo crocifisso è stato così tanto amato da risorgere per la forza che sprigionata dalla forza dell’amore di Dio.

Da quando Nietzsche lo ha affermato gli crediamo: se “Dio è morto” non può essere risorto.

Insomma quel corpo è risorto, nascosto o rubato? Cosa diremmo noi? Che posizione prenderemmo se assistessimo a un fatto così? E perché l’esperienza delle risurrezione nei Vangeli non è soggettiva? Una persone vede il Signore risuscitato e il suo vicino no? Quella vita ci lascia almeno un’eredità. Ci dice che ti possiamo vincere. Per questo è stato scritto «la nostra morte è la parte della vita che dà sull’altrove. Quell’altrove che sconfina in Dio» (Rilke).

25k7jn8Sai morte dove ti vinciamo? Tenendoci la mano fra noi. L’amore ti vince e ti distrugge, i gesti del quotidiano amore ti umiliano, costruire pace e giustizia sconfiggono la tua strategia di distruzione.
In realtà fai morire chi vive facendo il male ed è malvagio. Quelli sono morti che camminano senza rendersi conto che li hai conquistati e già vinti: chi uccide, gli usurai che distruggono famiglie, quelli che si arricchiscono sugli altri, chi non vuole ridistribuire le ricchezze, chi non si commuove quando i suoi vicini stanno male. Ma quelli che amano ti hanno già sconfitto, contro loro non puoi nulla. E’ la forza della croce.

Ogni ricordo è presenza! Non muore nessuno nel cuore. Lo vediamo dovunque, nelle nostre famiglie come nella storia profonda del mondo: chi ha avuto il cuore più limpido ha indicato la strada, chi ha molto pianto ha permesso di vedere più lontano, chi è stato più misericordioso ha aiutato tutti a ricominciare.

Ne era convinto anche Giobbe che provato dal dolore esclama: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero”. Tu morte sai che non puoi distruggere il corpo che vive sotto la carne. Quello appartiene a Dio.

Anche la Chiesa nel giorno dedicato alla memoria dei morti lo canta: Dalle lode mattutine di oggi:
“Mi hai formato dalla terra,
mi hai rivestito di carne:
Dio, mio redentore,
fammi risorgere nell’ultimo giorno”.

In breve ecco un possibile antidoto al veleno del tuo pungiglione scritto da Turoldo:

Dio della vita,
sei tu che nasci,
che continui a nascere
in ogni vita.

Voce per chi muore ora:
perché non muore,
non muore nessuno:
niente e nessuno:

niente e nessuno muore
perché tu sei.

Tu sei
e tutto vive,
è il Tutto in te che vive:

anche la morte!

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1 comment

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    “Si unisce l’anima del corpo ed il corpo dell’anima” si abbandona la “tunica di pelle “per essere “rivestiti” di Lui che primo ed Unico ha attraversato la “porta stretta” e ha liberato ogni vita donando la Sua vita che è Vita e Vita eterna..”Chi ama non può più morire!

    Francesco, un grazie dal profondo del cuore per questa meditazione presente nell’esperienza di tutti, seppur con le dovute differenze..” lo scrigno” in cui teniamo le realtà più preziose! M.Heidegger

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