Moscati, gli ammalati poveri e l’umanità della medicina

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Ritratto originale, Chiesa del Gesù di Napoli

Per i napoletani il Moscati è ancora oggi ricordato come il medico dei poveri: il suo studio, nel cuore della vecchia Napoli in via Cisterna dell’Olio, era sempre pieno di pazienti.

L’ultima delle sue preoccupazioni era l’onorario: ai poveri chiedeva di lasciare quanto potevano in un cestino all’ingresso dell’ambulatorio oppure di prendere quello di cui avevano bisogno.

Chi era e cosa ha fatto Giuseppe Moscati per essere ricordato ancora oggi come il santo medico di Napoli? Il suo curriculum studiorum è di primo livello: maturità classica conseguita con la media del nove a 17 anni; laurea a 23 anni con il massimo dei voti; subito dopo, a distanza di pochi mesi, vince sei concorsi.

Nel 1903 diventa Coadiutore Straordinario presso l’Ospedale Incurabili di Napoli, a quei tempi il più importante nosocomio del sud Italia. A 31 anni vince il concorso come Coadiutore Ordinario Ospedaliero, esaminato da Antonio Cardarelli che lo sceglie come suo medico personale; nello stesso anno consegue la Libera Docenza in chimica fisiologica a cui rinunzia per fare vita di corsia. A 33 anni gli viene affidata la Direzione dell’Istituto di Anatomia Patologica.

La gente che lo incontra lo ricorda più per la sua umanità che per la sua intelligenza, non per cosa faceva ma per il modo in cui lo faceva e l’attenzione che riservava verso coloro che soffrivano.
A 39 anni raggiunge l’apice della carriera con la nomina a Primario della terza sala dell’ospedale degli Incurabili. Per affinare la sua preparazione consegue una seconda Libera Docenza in Clinica e Semeiotica Medica.

Contemporaneamente compie e dirige importanti ricerche di laboratorio sui processi di trasformazione degli amidi e del glicogeno nell’organismo umano. I risultati di questi studi, pubblicati in Italia e all’estero, in una trentina di articoli, gli fanno guadagnare la stima del mondo scientifico a tal punto che il Governo italiano lo manda a partecipare ad importanti congressi prima a Vienna e a Budapest nel 1911, poi a Edimburgo e a Londra nel 1923. In Inghilterra è accompagnato da Quagliariello, suo collega, il quale si meraviglia come il Moscati in pochi giorni conosca bene l’inglese e sia in grado di conversare.

A Edimburgo il Moscati vuole rendersi conto di come funzionano gli ospedali, incontra parecchi infermieri italiani; visita la città e incontra i padri gesuiti che lo invitano a colazione e rimangono affascinati per la sua semplicità.

Nel frattempo, oltre ai genitori, muoiono anche quattro tra sorelle e fratelli. Giuseppe riesce a sopportare e ad attraversare queste separazioni grazie alla sua fede.

Moscati pensa spesso alla morte, in particolare alla sua morte e ne parla come di una realtà vicina. A chi gli chiede se la teme, risponde: “Io finora non ho questa paura, e mi auguro, con l’aiuto di Dio, di non averla mai”. Tre giorni prima di morire al dott. Formicola, suo collega, che gli domanda quale sia la morte migliore, ribatte: “Per chi è preparato, la morte improvvisa è la più bella”.
In una pagina del suo diario ci ha lasciato scritto: “Grandiosa morte che non è fine ma è principio del sublime e del divino”. Considera la morte non come la fine ma come il confine per una vita che non finisce. Di questo ne è consapevole.

35 Traslazione2_SGM_PzaSpirito_Santo_30Nov1927Il 12 aprile 1927 sembra un giorno come tanti: Moscati esce di casa alla mattina presto, serve la Messa delle 5,30 nella chiesa di santa Chiara, ritorna a casa per fare colazione, passa la mattinata all’ospedale, pranza a casa alle 13,30, mezz’ora dopo inizia le sue visite d’ambulatorio ma verso le 15,00 si ritira in camera, chiama Concetta, la persona di servizio, e le dice: “Sospendo le visite; mi sento male, dammi un po’ di laudano“. Si adagia in poltrona, china il capo, incrocia le braccia sul petto e, senza dire una parola, emette l’ultimo respiro. Mancano pochi mesi al compimento dei 47 anni. In poche ore la notizia si diffonde in tutta Napoli, la gente lo piange con queste semplici parole: “È morto il medico Santo”.

 

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– 25 luglio 1880 Giuseppe Moscati nasce a Benevento da Francesco e da Rosa de Luca.
– 31 luglio 1880 É battezzato con i nomi di Giuseppe, Maria, Carlo, Alfonso.
Nel 1897 Consegue brillantemente la maturità e si iscrive alla Facoltà di Medicina.
– 4 agosto 1903 Si laurea in medicina, col massimo dei voti. Vince il concorso per aiuto straordinario agli Ospedali Riuniti, quello di assistente nell’Istituto di chimica fisiologica e quello per un posto di studio nell’Aquarium di Napoli.
– 2 giugno 1904 Muore a Benevento il fratello Alberto dopo un calvario di 12 anni.
– 1908 Diventa assistente ordinario nell’Istituto di chimica fisiologica.
– 1911 Vince il concorso per il prestigioso posto di coadiutore ordinario negli Ospedali Riuniti e diventa socio aggregato alla Regia Accademia Medico-Chirurgica, su proposta di Antonio Cardarelli.
– 15 luglio 1911 Diventa medico condotto del Comune di Napoli.
– 1911-1923 Insegna all’Ospedale degli Incurabili.
– 1915-1918 Durante la grande guerra è direttore del reparto militare.
Dal 1919 Diventa Primario della III sala dell’ospedale degli Incurabili.
– 12 aprile 1927 Muore nella sua casa di via Cisterna dell’Olio n. 10. Era martedì santo.
– 16 novembre 1930 Dal cimitero di Poggioreale il corpo di Moscati viene traslato nella Chiesa del Gesù Nuovo di Napoli.
– 16 novembre 1975 È beatificato in Piazza S. Pietro da Paolo VI.
– 25 ottobre 1987 È canonizzato, sempre a Roma, da Giovanni Paolo II.

Si veda F. Occhetta, Giuseppe Moscati. L’esempio di santità laica. Velar-Elledici, 2009.

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