Il discernimento dei gesuiti (I regola)

Spesso ai gesuiti viene chiesto: “cosa è il discernimento?”. Il termine è stato utilizzato da Sant’Ignazio di Loyola che lo ha approfondito nel suo libretto degli Esercizi spirituali, non tanto come qualcosa legato alla teoria, ma come strumento di libertà e di purificazione del cuore che ciascuno può utilizzare.

Faremo dunque un piccolo viaggio per immergerci in queste regole e per capire cosa significa discernere. Se leggendole le potete arricchire con la vostra esperienza, sarete i benvenuti… ma mi raccomando scrivere cose sensate 🙂

Andiamo con ordine e a piccole dosi. Anzitutto discernere vuol dlampoire setacciare, vagliare, distinguere le voci del cuore che ci abitano per poter fare scelte libere, responsabili e consapevoli. Ma come facciamo a capire quando ci parla il male (il nemico della nostra natura) e quando ci parla Dio?

Ecco cosa scrive sant’Ignazio nella 1° regola di discernimento:

Quando vai di male in peggio, il messaggero cattivo di solito ti propone piaceri apparenti facendoti immaginare piaceri e godimenti, perché tu persista e cresca nella tua schiavitù. Invece il messaggero buono adotta il metodo opposto: ti punge e rimorde la coscienza, per farti comprendere il tuo errore” (Esercizi Spirituali, n. 314).

Ci chiediamo: quando si fa il male, come ci parlano le voci nemiche e quelle amiche che vengono da Dio?
Sant’Ignazio ci dice che nel cuore ci sono delle voci che ci stuzzicano e ci portano a vivere “piaceri e godimenti sensuali”. Aveva compreso nella sua esperienza di vita che piacere e felicità non coincidevano. Anzi: la ricerca del piacere era inversamente proporzionale al sentirsi sereni e felici.

Quando infatti ti lasci dominare dagli istinti, il (tuo) nemico, quello interiore con cui bisogna coabitare, parla al nostro cuore con il linguaggio del piacere. Ma questa dinamica è apparente e cessa dopo l’azione e che ti lascia più vuoto e deluso di prima.

E le altre voci cosa i dicono? In questa situazione Dio invece parla col rimorso, che è un dispiacere o disagio interiore. Se ascolti queste voci comprenderai le conseguenze di quanto ci stai procurando con le nostre mani.

Quando facciamo il male, il linguaggio del piacere apparente è dal nemico, quello del dispiacere da Dio: “il primo ti vuole far perdere, il secondo desidera salvarti”!
Il male cerca sempre di apparire bene ma alla fine dice solo bugie e ti ipnotizza. Non mantiene ciò che promette e ti usa. Ti lascia un’insoddisfazione che cresce. È la logica della droga: per fare effetto il piacere ha sempre bisogno di una dose in più!

Ma attento sei chiamato a non confondere il piacere con la felicità.
Il piacere soddisfa i tuoi bisogni egoistici, spesso ti fa usare l’altro e non esiste la logica della gratuità e del dono in questo tipo di dinamiche, la felicità nasce invece da una relazione: si vive per gli altri, ci si apre a se stessi ed è apertura verso Dio.

Quando il piacere e la tua felicità coincidono allora il piacere è autentico e lo si può vivere serenamente perché è creato da Dio.
Ma come fare a capire queste voci? Per capire se ciò che ti attira è bello o brutto ascolta come stai “dopo”. Se quello che hai fatto dà gioia anche dopo, significa che hai ascoltato le voci di Dio, se dà rimorso, ti sei fatto intrappolare dal nemico.
Il bene lo paghi subito, ha un costo nel farlo; il male si offre gratis, ma lo paghi dopo ecappella-sistina-6 tanto, in più non ti appaga.

L’eccesso di cibo e di alcool, le varie infedeltà, la prostituzione, l’uso di droga, la corsa sfrenata alla carriera, la ricerca del potere… danno piacere sul momento. Ma non danno felicità! E rischiano di rovinare le cose belle costruite in una vita!

È preoccupante vedere uno che fa il male e non sente vergogna. Significa che non ascolta le voci di Dio nel suo cuore. Il cambiare vita parte dal provare vergogna e dal rimorso che è le tristezza che viene da Dio e porta alla vita.

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1 comment

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    se volessimo vivere la nostra esistenza serenamente dovremmo leggere gli esercizi spirituali ogni giorno e anche più volte al giorno se ci fosse bisogno,ora che lo so, sento il desiderio di averli , sono un dono prezioso che il Signore ci offre attraverso S.Ignazio . I miei esercizi solitamente sono la preghiera, soprattutto quella del perdonare e di essere a nostra volta perdonati e poi mi è di grande aiuto la poesia di S.Teresa di Calcutta : Signore quando ho fame ,dammi qualcuno che ha bisogno di cibo; quando ho un dispiacere,mandami qualcuno da consolare;quando la mia croce diventa pesante,fammi condividere la croce di un’altro;quando non ho tempo,dammi qualcuno che io possa aiutare per qualche momento;quando sono umiliato,fa che io abbia qualcuno da lodare;quando sono scoraggiato,mandami qualcuno da incoraggiare;quando ho bisogno della comprensione degli altri,dammi qualcuno che ha bisogno della mia;quando ho bisogno che ci si occupi di me,mandami qualcuno di cui occuparmi;quando penso solo a me stesso,attira la mia attenzione su un’altra persona.Rendici degni,Signore,di servire i nostri fratelli,che in tutto il mondo vivono poveri ed affamati. Anche questa poesia è un esercizio che ci aiuta a non impostare la nostra vita su noi stessi ma a preoccuparci degli altri e lasciare che sia il Signore a preoccuparsi di noi. L’articolo lo trovo molto bello come tutti i tuoi articoli!

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